Il Cuore nell'Antichità
Il cuore nelle popolazioni antiche era considerato la sede dell'Anima come testimoniato dalle pitture, dagli scritti e dai ritrovamenti nelle tombe di numerosi popoli del passato come gli Egizi o i Sumeri. Gli dei pesavano il cuore di un uomo per valutarne la probità. Anche gli aristotelici filosofi dell'Antica Grecia sostenevano che il cuore fosse il luogo dei sentimenti ed il cervello altro non fosse che il "radiatore" deputato al raffreddamento del sangue. Il concetto di Cuore come sede del sentimento è tanto radicata in noi che ancora oggi il simbolo di un dispiacere è il "cuore spezzato" o l'innmoramento è costellato di numerosi "cuoricini". Solo con l'avvento della medicina del periodo classico greco (460-370 a C.) che il cuore comincierà ad essere considerato più razionalmente e più razionale sarà l'approccio all studio della sua funzione. Galeno fu uno dei primi studiosi che descrisse varie parti anatomiche tra cui il cuore. Sua è la distinzione trala strutture delle vene e delle arterie e l'intuizione che quste utlime spingessero il sangue e non l'aria come era di comune credenza. Le idee di Galeno erano comunque intrise di una spessa aura di religiosità e filosofia. Si dovrà attendere il Rinascimento affinchè gli studiosi potessero confrontarsi tra loro di fronte alle sole evidenze anatomiche e comprendere fino in fondo l'essenziale struttura del sistema cardio-circolatorio. Nel "De humani corporis fabrica libri septem", opera di Andrea Vesalio (1514-1564), le concezioni galeniche furono finalmente confutate e il cuore fu posto al centro del circolo vascolare, aprendo la strada a successive nuove acquisizioni. Con Harvey venne introddo il concetto di fisiologia, quindi il dato anatomico cominciò ad essere messo in relazione con la funzione ed il funzionamento dell'organo. Nel "Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus" fu finalmente sancito il concetto di circolazione sanguigna sospinta dal cuore.
Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino al cielo,
ciò ch'era addormentato sulla tua anima. In te è l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada alle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda. Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi di nave.
Com'essi sei alta e taciturna.
E ti rattristi d'improvviso, come un viaggio. Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
mi son svegliato e a volte emigrano e fuggono
uccelli che dormivano nella tua anima.
P. Neruda - Per il Mio Cuore Basta il Tuo Petto